La passione per la fotografia corre parallela alla mia devozione per la pittura. Fotografare è nella mia esperienza un modo meraviglioso per prendere appunti, lasciando che sia la luce a scrivere per me.
Nel 2018 ho iniziato a lavorare alla nuova serie Contaminations, nata dall’esigenza di far pace tra l’amore primario per la pittura, e la dedizione per la fotografia. Questa serie racconta la storia dell’unione simbiotica tra il processo pittorico e l’immagine, celebrata attraverso l’elemento essenziale che le distingue e le unisce: la luce. Tale concetto è materializzato nel processo creativo attraverso l’unione tra la tela dipinta e il trasferimento di immagine su PVC e PET riciclato, derivato dal riutilizzo di centinaia di bottiglie di plastica monouso. Il trasferimento d’immagine, fusione tra fotografia e pittura digitale, viene eseguito con varie tecniche, sia digitali che manuali, per poi concludere con il disegno sovrapposto all’immagine e infine l’intervento pittorico. Alcuni di questi lavori sono completati dalla presenza di una particolare illuminazione a LED con sensori di movimento, andando a consacrare l’unione tra disegno, pittura e fotografia, facendole divenire realtà nel momento in cui l’osservatore si muove intorno all’opera.
Questi lavori nascono da una profonda riflessione sul concetto di ri-familiarizzare con la natura, affinché si possa creare un rapporto di fiducia reciproca, di rispetto e di amore per il nostro pianeta, oltre che per ogni essere vivente. Questa strada è percorribile solo se ognuno di noi impara prima a conoscere e a rispettare se stesso, la propria casa, la propria famiglia, la propria città. Tutto ciò che gli è familiare, prossimo, vicino. Per poi ampliare i propri confini.
I soggetti naturali rappresentati in questa serie corrono sul filo del tempo e della memoria, riportando alla luce l’importanza della natura nel formare i nostri ricordi. Ogni fiore ed ogni albero hanno una storia da raccontare e le loro radici si intrecciano con le nostre.
la storia
E
lisa Bonaparte arrivò a Lucca dopo che uno dei suoi fratelli, probabilmente il più famoso ed “ambizioso” della famiglia, Napoleone, le donò nel 1805 il Principato di Lucca e Piombino. Si racconta che Elisa fosse una donna molto forte, decisa e caparbia, per questo diventò in seguito Granduchessa di Toscana, ma rimase sempre a vivere a Lucca per il grande amore che la legava alla città. Aveva, come gli altri componenti della famiglia Bonaparte, una grandissima passione per la botanica che la portò a trasformare la sua residenza del tempo, la Villa Reale di Marlia, in un immenso vivaio in cui introdusse molte specie al tempo sconosciute nelle nostre zone.
Grazie a Elisa iniziò quindi la diffusione di nuove specie come le mimose, le magnolie, le camelie, i glicini, l’olivo odoroso, le dalie, le peonie ed i gerani. Le mimose furono fatte arrivare con una spedizione dall’Australia, dove venivano utilizzate dagli Aborigeni come pianta curativa contro disturbi di vario genere, quali influenze, raffreddori e mal di testa. Le camelie vennero spedite a Elisa da suo fratello Giuseppe, al tempo Re di Napoli, che le fece prelevare dalla Reggia di Caserta per mandarle in dono alla sorella. Ogni pianta che venne introdotta nella nostra città grazie alla passione di Elisa ha una storia, ed è diventata a sua volta parte integrante della storia non solo della città ma anche delle persone che vi sono nate, cresciute, oppure solo passate almeno una volta per le sue vie.
La storia, la memoria, il tempo e le radici si fondono e si amplificano nello sforzo cosciente del ricordo, innescato dalla potenza della memoria involontaria non solo del proprio vissuto ma anche da quello racchiuso nella coscienza collettiva, riemergendo dalla profondità delle proprie origini.
Dopo essere rientrato dalla Germania, dove era stato prigioniero di guerra in un campo di concentramento durante la seconda Guerra Mondiale, Renato Maffei iniziò a lavorare come mezzadro nella periferia di Lucca. Con il passare degli anni riuscì ad ottenere dei terreni che coltivava per poi andare a rivenderne i frutti al mercato in Piazza dell’Anfiteatro, nel centro della città.
Insieme a sua moglie Iolanda, rientrata a sua volta dal “servizio” prestato presso una facoltosa famiglia romana, si alzavano ogni mattina alle 4 per caricare frutta e verdura su un carretto che portavano legandolo alla loro bicicletta fino al mercato cittadino.
Dopo tanti sacrifici e dure giornate di lavoro, riuscì poi a trovare lavoro in una fabbrica di lattine. Con i proventi del nuovo lavoro ed i risparmi del vecchio i miei nonni riuscirono a costruire, partendo dal niente, una grande casa con molto terreno intorno, che accolse col tempo tutta la nostra famiglia.
Nonostante il livello di benessere crescente il mio nonno decise di continuare a lavorare la terra, creando un grande orto da frutta e verdura, dove piantarono anche molti alberi e fiori ornamentali.
Quando ripenso alla mia infanzia io rivedo mio nonno mentre zappa il terreno per piantare le patate, crea gli spazi per le piante di pomodoro, semina con cura certosina le minuscole piante di basilico e prezzemolo, nutre le rose, cura i gerani, pota il glicine e gli ulivi, taglia i rami secchi della mimosa, ripulisce la magnolia dalle foglie in eccesso. Ogni mio ricordo da bambina è legato ai profumi, agli odori di queste piante. E così di nuovo, il cerchio continua a chiudersi e a riaprirsi, nel continuo susseguirsi degli eventi e all’intrecciarsi dei destini. A partire da una principessa amante dei fiori, arrivata dalla Francia più di 200 anni fa, passando per un soldato imprigionato in una terra straniera ed ostile durante una guerra spietata, che si è reinventato una vita grazie al suo amore per la terra, quel filo rosso continua tra i tanti intrecci, a volte grovigli, a legarci alle nostre radici e al nostro destino.
Il passato non più tangibile, ormai astratto, ritorna ad essere presenza, insieme alla nostalgia di un mondo adesso lontano, ma che si rigenera e rivive grazie all’intreccio di vite e presenze separate, legate però dallo stesso nome e da un’affinità dell’anima.
Elisa Bonaparte arrivò a Lucca dopo che uno dei suoi fratelli, probabilmente il più famoso ed “ambizioso” della famiglia, Napoleone, le donò nel 1805 il Principato di Lucca e Piombino. Si racconta che Elisa fosse una donna molto forte…